Ipertensione Arteriosa: La Malattia Silenziosa da Tenere Sotto Controllo
Diagnosi e Trattamento dell’Ipertensione Arteriosa a Centocelle Roma
Che cos’è l’ipertensione arteriosa?
L’ipertensione arteriosa è una condizione caratterizzata dall’elevata pressione del sangue nelle arterie, che è determinata dalla quantità di sangue che viene pompata dal cuore e dalla resistenza delle arterie al flusso del sangue. Interessa circa il 30% della popolazione adulta di entrambi i sessi e, nelle donne, è più frequente dopo la menopausa.
Nel dettaglio, la pressione sanguigna è un valore determinato dal rapporto tra la quantità di sangue pompato dal cuore al minuto e la resistenza delle arterie al flusso sanguigno.
Il valore massimo si raggiunge quando il cuore si contrae (sistole), quello minimo quando si rilassa e si riempie di sangue (diastole).
I valori pressori ritenuti normali sono: non oltre i 120 mmHg per la massima e non più di 80 mmHg per la minima.
Ipertensione Arteriosa primaria: gli stadi
Esistono due tipologie di ipertensione: quella primaria, altrimenti nota come essenziale, e quella secondaria. L’ipertensione arteriosa primaria, che rappresenta circa il 95% dei casi, è generata da cause sconosciute: gli alti valori pressori sono l’effetto dell’alterazione dei meccanismi primari che regolano la pressione arteriosa.
Si distingue in 3 diversi stadi, più uno, definiti in base al gap pressorio rilevato tra i valori considerati normali e quelli del Paziente.
Pressione normale/alta. In passato definita pre-ipertensione, è caratterizzata da una pressione sistolica compresa tra 130 e 139 mmHg e una pressione diastolica tra 85 e 89 mmHg.
Stadio 1. I valori della pressione sistolica sono compresi tra 140 e 159 mmHg e/o quelli della pressione diastolica tra 90 e 99 mmHg.
Stadio 2. La pressione sistolica misura tra i 160 e i 179 mmHg e/o la pressione diastolica è tra i 100 e i 109 mmHg.
Stadio 3. E’ caratterizzata da una pressione sistolica superiore ai 180 mmHg e/o una pressione diastolica superiori a 110 mmHg.
Ipertensione Secondaria
L’ipertensione secondaria, che rappresenta il 5% dei casi, è la conseguenza di altre patologie, che interessano principalmente i reni, ma anche le ghiandole surrenali, i vasi e il cuore.
Può essere causata anche dall’assunzione di alcuni medicinali di automedicazione come gli anti-infiammatori non steroidei, i decongestionanti nasali e alcuni integratori per la perdita di peso, farmaci per le malattie autoimmuni come i glucocorticoidi e le ciclosporine, la pillola anticoncezionale, e ancora stupefacenti come cocaina e anfetamine.
In tali casi, una volta individuata la causa e rimossa, si assiste a una normalizzazione dei valori pressori. A differenza dell’ipertensione arteriosa essenziale, che colpisce la popolazione adulta, l’ipertensione secondaria interessa anche individui più giovani.
Quali sono i sintomi dell’ipertensione arteriosa?
L’aumento dei valori pressori non sempre si accompagna alla comparsa di sintomi, specie se avviene in modo non improvviso: l’organismo si abitua progressivamente ai valori sempre un po’ più alti, e non manda segnali al Paziente.
Per questo, molte delle persone affette da ipertensione non lamentano sintomi, anche in presenza di valori pressori molto elevati.
In ogni caso, i sintomi legati all’ipertensione arteriosa non sono specifici, e per questo sono spesso sottovalutati o imputati a condizioni diverse. Tra i sintomi più comuni rientrano:
- Mal di testa, specie al mattino.
- Stordimento e vertigini.
- Ronzii nelle orecchie (acufeni, tinniti).
- Alterazioni della vista (visione nera, o presenza di puntini luminosi davanti agli occhi).
- Perdite di sangue dal naso (epistassi)
Nei casi di ipertensione secondaria, ai sintomi aspecifici possono associarsene altri, più specifici, dovuti alla malattia di base.
La scarsità dei sintomi e la loro aspecificità sono il motivo principale per cui spesso il Paziente non si accorge di avere la pressione alta.
Per questo è fondamentale controllare periodicamente la pressione: fare diagnosi precoce di ipertensione arteriosa significa prevenire i danni ad essa legata e, quindi, malattie cardiovascolari anche invalidanti.
Quali fattori predispongono le persone a questa condizione?
Familiarità: la presenza, in famiglia, di soggetti ipertesi aumenta la probabilità che un Paziente sviluppi ipertensione arteriosa.
Età: la pressione arteriosa aumenta con l’avanzare dell’età, per effetto dei cambiamenti che si verificano a carico dei vasi arteriosi,
Sovrappeso: sovrappeso e obesità, attraverso meccanismi diversi e complessi, si associano ad un incremento dei valori pressori.
Diabete: questa condizione si associa spessissimo ad un incremento della pressione arteriosa, aumentando in modo significativo il rischio di malattie cardiovascolari.
Fumo: il fumo di sigaretta altera acutamente i valori di pressione arteriosa; a questo, si associano i danni cronici che il fumo induce sui vasi arteriosi.
Disequilibrio di sodio e potassio: mangiare cibi troppo salati ed, in generale, una dieta troppo ricca di sodio o troppo povera di potassio, possono contribuire a determinare l’ipertensione arteriosa.
Alcool: un consumo eccessivo di alcoolici può contribuire all’innalzamento dei valori pressori, oltre che danneggiare il cuore.
Stress: lo stress contribuisce al mantenimento di valori di pressione più alti. Questo spiega, per esempio, perché in occasione delle visite mediche, la pressione è spesso più alta rispetto a quella che il Paziente si misura al domicilio; perché la pressione possa essere più alta nei giorni lavorativi rispetto ai periodi di vacanza, ed anche perché i valori di pressione aumentino mentre si fa esercizio fisico.
Sedentarietà: non possiamo affermare che la sedentarietà faccia aumentare la pressione arteriosa; è certo, tuttavia, che l’attività fisica moderata e costante contribuisca a ridurre i valori pressori e a migliorare le prestazioni fisiche.
Complicanze
L’ipertensione arteriosa è una condizione clinica che può portare a complicanze severe, soprattutto a carico del sistema cardiovascolare, dovute al continuo stress emodinamico che il cuore e le pareti dei vasi sono costretti a sopportare e a cui sono costretti ad adattarsi.
L’aumento della pressione arteriosa, infatti, è interpretato dal cuore come un aumento del carico da vincere per poter immettere il sangue nell’aorta e, per questo, esso è costretto a contrarsi con molta più forza.
Per sviluppare tutta la forza di cui ha bisogno, la parete del ventricolo sinistro va incontro a una progressiva ipertrofia (ispessimento) determinando al contempo una riduzione della cavità ventricolare sinistra (che sarà progressivamente occupata dalla parete muscolare) e un aumento della richiesta di ossigeno.
Le peggiori complicanze di questo fenomeno sono quindi lo sfiancamento della parete, che supera il limite massimo della forza che può sviluppare, e l’ischemia cardiaca, che può in seguito evolvere in infarto del miocardio.
A questi eventi tipicamente cardiaci si possono aggiungere complicanze vascolari come gli aneurismi: dilatazioni dei vasi dovute a uno sfiancamento della parete che è sottoposta a uno stress pressorio troppo elevato.
L’ipertensione aumenta globalmente anche il rischio di ictus ischemico.
Diagnosi dell’ipertensione
La diagnosi di ipertensione si effettua grazie a misurazioni, casalinghe o ambulatoriali, della pressione arteriosa con uno strumento chiamato sfigmomanometro. A queste misurazioni possono essere affiancati degli esami di laboratorio (esame delle urine con eventuale microalbuminuria, azotemia, creatininemia, potassiemia, calcemia ecc.).
Il medico può anche prescrivere un monitoraggio Holter per controllare la pressione arteriosa delle 24 ore e valutare se si verificano picchi pressori in occasione di particolari momenti della giornata o di particolari attività.
A seconda dei valori ottenuti si possono distinguere:
- Pressione normale: ≤120/80 mmHg.
- Periipertensione: sistolica compresa tra 120 e 139 mmHg.
- Diastolica compresa tra 80 e 89 mmHg.
- Ipertensione di tipo 1: sistolica compresa tra 140 e 159 mmHg.
- Diastolica compresa tra 90 e 99 mmHg.
- Ipertensione di tipo 2: sistolica ≥160 mmHg diastolica ≥100 mmHg.
Si può anche verificare un aumento della sola pressione di tipo sistolico, soprattutto in soggetti che superano i 60 anni d’età.
Prevenzione dell’ipertensione
Prima ancora di cominciare un trattamento farmacologico è consigliabile adottare corretti stili di vita.
È fondamentale seguire una dieta povera di sodio (che prevede l’eliminazione di sale discrezionale aggiunto ad altri alimenti e il controllo del quantitativo di sodio contenuto in alimenti preconfezionati) in modo tale da mantenere i livelli di assunzione al di sotto di 1,5 mg in persone con età superiore a 51 anni o che manifestano già ipertensione, diabete o altre patologie croniche, o al di sotto di 2,3 mg in persone giovani e in buona salute.
Parallelamente alla dieta iposodica è necessario praticare attività fisica con regolarità (per prevenire il rischio di sovrappeso e patologie ad esso correlate), eliminare il fumo di sigaretta e cessare l’assunzione di alcol.
Molta attenzione va anche prestata ai farmaci e alle sostanze che, come detto, possono determinare l’aumento dei valori pressori (ad esempio i cortisonici, i contraccettivi orali, i FANS, le sostanze stupefacenti). È bene inoltre sapere che anche il consumo di liquirizia può indurre un aumento della pressione arteriosa.
Come si cura l’ipertensione?
Il trattamento dell’ipertensione arteriosa, anche quando preveda il ricorso a farmaci, non può assolutamente prescindere da cambiamenti nello stile di vita.
L’obiettivo del trattamento della pressione arteriosa deve essere quello di riportare i valori pressori alla normalità: non basta, pertanto, abbassare un po’ la pressione, ma è importante normalizzarla.
Una volta fatta diagnosi di ipertensione arteriosa e riviste le abitudini di vita, può essere necessario intraprendere una terapia farmacologica, il cui scopo è proprio quello di normalizzare la pressione arteriosa.
È importante sapere che la terapia antiipertensiva è una terapia cronica, che va assunta per molti anni.
I farmaci di cui disponiamo sono molti, ed agiscono sul controllo della pressione arteriosa con meccanismi diversi; sono tutti efficaci e sicuri, e la scelta del tipo di antiipertensivo da utilizzare viene fatta dal medico sulla scorta della storia del Paziente e della presenza di altre patologie associate.
In alcuni Pazienti l’uso di un solo antiipertensivo è sufficiente per normalizzare la pressione arteriosa, in altri è necessario ricorrere all’associazione di più farmaci, che agendo con meccanismi diversi concorrono al controllo della pressione.
Dover assumere più antiipertensivi non significa avere un’ipertensione più aggressiva: semplicemente, ogni Paziente risponde in modo diverso alle singole terapie.
Per questo, trovare il o i farmaci efficaci e meglio tollerati può richiedere un po’ di tempo. E può anche succedere che dopo anni di terapia, un Paziente richieda l’aggiunta o il cambio di un farmaco: non è colpa dell’antiipertensivo che perde efficacia, ma è l’effetto della pressione arteriosa, che con gli anni cambia.
In alcuni Pazienti, l’utilizzo anche di 4-5 farmaci antiipertensivi a dosaggio pieno non è sufficiente a controllare la pressione arteriosa; si parla, in questi casi, di ipertensione arteriosa resistente.
Recentemente sono state proposte nuove terapie non farmacologiche per il trattamento di queste forme di ipertensione arteriosa.
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